Leggere un romanzo è sempre una nuova esperienza, ma anche come lo si legge ha la sua importanza e a volte una lettura condivisa fa apprezzare ancora di più il libro che si ha tra le mani.
Nell’ultimo mese mi sono lasciato convincere da Virginia Woolf a metter mano ad un romanzo che ho sempre guardato con distacco da lontano. Sto parlando di uno dei romanzi più importanti di metà ottocento: Jane Eyre di Charlotte Brontë.
Con grande curiosità ho iniziato la lettura, non sapevo cosa aspettarmi da Charlotte Brontë e dalla sua Jane, ma in me sono subito nati una simpatia per la piccola protagonista e un sentimento di solidarietà nei suoi confronti, e per di più le immagine della natura e della brughiera inglese, che Charlotte Brontë descrive con enorme bravura, mi hanno sedotto. La partenza, dunque, prometteva molto bene, e più andavo avanti e più mi rendevo conto che tra quelle pagine c’erano tutti gli elementi che un lettore come me cerca in un romanzo. La mia avventura con Jane Eyre era solo all’inizio.

Vi dicevo che ho letto Jane Eyre, edito da Bur Rizzoli e con le bellissime illustrazioni di Edmund H. Garrett, in compagnia di un amico, Simone Romano, aiuto regista, scrittore e recensore per Gufetto Press, grandissimo conoscitore delle sorelle Brontë e della lettura inglese in generale. È grazie a lui se ho apprezzato appieno questa lettura e sopratutto se sono arrivato ad amarla. Non lo avrei mai detto, ma un libro che nell’immaginario collettivo viene definito per sole donne, ha fatto breccia nel mio cuore, Jane Eyre è un libro che parla a tutti, uomini e donne.
Con Simone ci siamo divertiti a raccontarlo con quattro dirette sul profilo Instagram di Lettera 7C, intitolando questo progetto Gli Uomini di Jane Eyre, ed è stato un modo anche per rompere e combattere alcuni pregiudizi di genere nel mondo dei libri.
Ho scritto che la storia di Jane Eyre andrebbe letta da tutti, perché è un romanzo che parla a uomini e donne, racconta di una persona ribelle, rigorosa, intelligente e in cerca della sua indipendenza, sia economica che sentimentale. Chiunque potrebbe rispecchiarsi in Jane Eyre, o quasi. Inoltre al suo interno Charlotte Brontë inserisce molte tematiche, anche attuali, come ad esempio il maltrattamento sui minori, o la condizioni femminile in quel periodo, si potrebbe definire questo un romanzo protofemminista; ci sono chiare critiche alle condizioni in cui vessavano le scuole femminile nell’ottocento, dove la stessa Brontë è vissuta, e la messa in scena del profondo divario tra classi sociali. Jane Eyre è un romanzo incredibilmente moderno.
“In genere si ritiene che le donne siano molto tranquille; ma loro provano gli stessi sentimenti degli uomini, le loro facoltà hanno bisogno di esercizio, i loro sforzi di un campo d’azione, tanto quanto i loro fratelli. Le donne soffrono dell’eccessiva repressione e immobilità, proprio come ne soffrirebbero gli uomini; e hanno corte vedute i loro privilegiati compagni quando dicono che dovrebbero limitarsi a preparare pudding e fare la calza, suonare il pianoforte e ricamare borsette. È da ottusi condannarle o deriderle, se cercano di andare oltre o imparare di più di quanto l’usanza abbia decretato necessario per il loro sesso.”
Jane Eyre è tutto questo ma prima di tutto è una biografia. Sin da subito ci avviciniamo a Jane Eyre, è una bambina di dieci anni e vive nella ricca tenuta di Gateshead, e familiarizziamo con lei. Jane è orfana di padre e madre, la quale poco prima della morte affidò la piccola al ricco fratello Mr Reed, che a sua volta muore poco tempo dopo e in punto di morte fa giurare alla moglie Sarah Gibson Reed di occuparsi della piccola. Jane vive i primi anni della sua infanzia in casa della zia, che possiamo definire una strega, in quanto non sopporta e non ama la piccola Jane, spesso infatti la punisce con crudeltà. Ci sono poi le cugine di Jane, Eliza la più grande e Georgiana, bella e viziata, infine c’è il cugino Jonh Reed di quattordici anni, che letteralmente picchia e sottomette Jane. Ma Jane Eyre è una bambina sveglia e intelligente, infatti non rinuncia mai a far sentire la sua voce in casa, anche se sa bene che dopo le sue rimostranze le verrà inferta una crudele punizione. Già in questa prima parte del romanzo c’è l’elemento gotico, tipico della letteratura inglese di quegli anni, elemento che torna spesso verso la metà del libro.
Jane, fortunatamente, andrà via da Gateshead e lontano da Mrs Reed. La piccola viene mandata a Lowood, una scuola per sole ragazze, dove studiano per diventare delle istitutrici. Questi primi capitoli non sono forse le pagine più felici del romanzo, ma dicerto sono le più belle e le più drammatiche di tutta la storia. Jane resta otto anni a Lowood, dimostrando di essere un’ottima alunna con tanti talenti, tra cui la pittura. Quando decide di andar via dalla scuola, dove ormai insegna, Jane trova lavoro come istitutrice presso Thorfiled Hall, la grande tenuta di Mr Andrew Farifax Rochester. Jane ha cambiato aspetto, è distinta e ha un’aria da signora, anche se non è molto bella.
“ No, Miss Jane, non proprio: siete destina quanto basta; avete l’aria di una signora , ed è quanto mi sia sempre aspettata da voi: non siete mai stata una bellezza da bambina [..] suppongo che siate intelligente però.”
A Thorfiled Hall la nostra eroina viene bene accolta da tutti i suoi abitanti, sopratutto da Mrs Fairfax, la vecchietta più adorabile al mondo, dalla sua giovane alunna Adele e più tardi dal padrone della tenuta. Ma nella grande casa si celano dei segreti e personaggi inquietanti vivono lì, come la vecchia Grace Pool dalla strana risata e avvenimenti ancora più strani accadranno sotto il tetto di Thorfield Hall.
Se si osserva il romanzo di Charlotte Brontë da un punto di vista narrativo, lo si può definire perfetto, forse c’è qualche piccola forzatura passabile sul finale, ma ogni scena e ogni avvenimento sono una sequenza di causa effetto. La Brontë sparge tra le pagine del suo libro indizi, lascia tracce che portano verso la soluzione della storia, e pur provando a immaginare il futuro di Jane il lettore resterà sempre spiazzato dall’imprevedibilità degli eventi.
C’è un altro aspetto molto interessante, la grande capacità descrittiva di Charlotte Brontë dei paesaggi naturali. La natura ha un suo ruolo importante nella storia. La nostra protagonista vive infatti nella brughiera inglese, lontano dalle grandi città che tanto desidera visitare. La brughiera e la sua natura accompagnano Jane per tutto il libro, da quel terribile temporale che la vede rinchiusa in una stanza rossa, una delle scene più gotiche del libro, passando per il dramma che colpisce la scuola di Lowood, fino ai campi sterminati dove Jane si perderà. Ognuno di questi momenti sono legati a degli avvenimenti importanti della sua vita e la natura le è accanto la protegge, come fosse una madre. La brughiera è il luogo dove Charlotte Brontë e le sue sorelle sono nate e cresciute, e dove hanno vissuto tutta la loro vita, dunque chi meglio di lei poteva descriverla in maniera tale da far immettere chi legge in quei luoghi magici e pieni di leggende, scrivo così perché nel romanzo c’è anche un pò della mitologi inglese, quella dei degli spiriti di campagna, dei folletti e delle fate.

Si empatizza subito con Jane Eyre, tutto quello che accade a Jane noi lo viviamo in quel momento, noi ridiamo con Jane Eyre, soffriamo con Jane Eyre, ci arrabbiamo con Jane Eyre, diventiamo i suoi confidenti, i suoi amici più cari e non solo durante la lettura, ma anche dopo aver chiuso il libro, ci troveremo spesso e senza rendercene conto a porci una domanda: cosa farebbe Jane Eyre al posto nostro?
Duccio