Quando inizio a parlare di Woody Allen potrei farlo per ore, divento persino logorroico. Chi scrive è un suo grande ammiratore e un grande appassionato dei suoi film.
Vi voglio raccontare brevemente di quella volta che ho scoperto Allen. Avevo circa sedici anni e il cinema già lo amavo, non avevo visto ancora tantissimi film ma sentivo l’esigenza di cibarmene quotidianamente. Ricercavo i canali più disparati per scovare vecchi film e scoprire registi di cui non avevo mai sentito parlare, lo streaming non era ancora in voga e con emule scaricavi solo i film che conoscevi. Lo so, anche se amo i film e più di tutto amo stare al buio nella sala di un cinema, semivuoto se possibile e in totale silenzio per godermelo, qualche volta ne ho scaricato anche io un pò, ai mali estremi estremi rimedi. Insomma sono un cinefilo della peggiore specie, che pretende silenzio in sala da parte di tutti, non deve sentire volare una mosca, niente popcorn e soprattutto pretendo risate contenute e i commenti magari dopo il film. Quando succede tutto questo potrei impazzire. Peggio di un dittatore. Quindi se venite al cinema con me è bene che sappiate queste cose.
Tornando a Woody Allen, non lo scoprii al cinema, ma a casa su Cult, canale tv che ahimè non esiste più dopo essere stato acquistato da Sky. Su quel canale divoravo film e muovevo i miei primi passi da cinefilo incallito. Fu proprio lì che vidi il mio primo film di Woody, si trattava di Una commedia sexy in una notte di mezza estate. Rimasi folgorato da quel film, dai dialoghi e le citazioni e l’ironia di quell’uomo occhialuto e buffo di cui non avevo mai sentito parlare. A quel punto mi ripromisi di recuperare qualche altro suo film. Non dovetti aspettare tanto perché un giorno ecco che trovai in tv Match Point (2005), fu grandioso quel film per la sua trama, i personaggi, la drammaticità, le musiche, gli attori, avevo già mezza cotta per Jonathan Rhys Meyers e si trovavo irresistibile Scarlet Johansson, erano giorni un pò confusi quelli, capitemi.
Ma il vero colpo di fulmine fu con Woody Allen, l’avevo eletto a miglior regista del mondo.
Guardai pian piano gli altri film che uscivano e mi piaceva sempre di più, però fu solo all’università che ebbi finalmente l’occasione di scoprilo davvero e conoscerlo più a fondo.
Cosa feci per iniziare? Ebbene acquistai il dvd di Manhattan e rimasi a bocca aperta. Gershwin, il banco e nero, New York, le sue parole, i fuochi d’artificio trai i grattaceli di Manhattan, Diane Keaton con i suoi fantastici vestiti e la sua parlantina, Woody Allen, i suoi occhiali, le sue nevrosi e poi Tracy. La mia testa scoppiava di gioia e meraviglia , da lì non mi fermai più e vidi tutti i suoi film.
A Woody Allen devo tanto, è stato fondamentale nella mia crescita culturale. Se ho scoperto molti scrittori e musicisti lo devo a lui e ai suoi film.
Sentivo la necessità di fare questa lunga premessa per arrivare a parlare della sua unica e sola autobiografia scritta alla tenera età di ottantacinque anni, uscita a maggio, in Italia edita da La Nave di Teseo nella collana Oceani, dal titolo “A proposito di niente” (Apropos of Nothing. Autobiografy).

“Gente, state leggendo l’autobiografia di un misantropo ignorante e patito di gangster; di un solitario incolto che se ne stava davanti ad uno specchio a tre ante a fare esercizi con un mazzo di carte per nascondere un asso di picche nel palmo della mano, renderlo invisibile da qualunque angolazione e gabbare qualche ingenuo.”
La mia prima reazione dopo aver letto le righe iniziali del libro è stato sorridere perché dopo tanto tempo ho ritrovato il Woody Allen che conoscevo. Premetto sin da subito che è stato un gran piacere leggere la sua autobiografia, Allen sa bene come si scrive e lui lo sa fare con molta ironia, giocando anche con le parole e inserendo qualche freddura delle sue. Dunque da un punto di vista stilistico è impeccabile e credetemi è difficilissimo smettere di leggere, anche durante le parti in cui racconta i momenti più neri della sua vita.
A tal proposito la sua autobiografia è anche una risposta alle accuse di pedofilia, infondate, che di recente hanno danneggiato la sua carriera ma di questo vi parlo tra poco.
Il regista ci raccontata della sua infanzia a Brooklyn, delle sue mille passioni da bambino, tra cui la magia, e si voleva fare l’illusionista da grande, e poi il baseball, la pesca, il clarinetto, il jazz e infine il cinema che scopre grazie alla tanto adorata cugina Rita.
Nel leggere questa prima parte viene subito in mente il suo film Radio Days, pieno di momenti della sua infanzia, la scuola pubblica che tanto odiava, il suo disinteresse per la religione ebraica, una famiglia piena di affetti e stranezze divertenti.
I suoi film preferiti erano quelli che lui chiamava champagne comedies, i cui protagonisti vivevano in lussuosi attici, bevevano champagne e si godevano la vita. Così inizia a sognare di vivere in un attico a Manhattan e bere champagne ogni giorno, proprio come i protagonisti dei film che andava a vedere. A scuola scopre il suo talento comico, fa ridere i compagni e gli insegnati. Comprende che potrebbe uscirne qualcosa di buono e inizia scrivere battute, i giornali le pubblicano e lo cercano sempre più spesso. Per Woody Allen è solo l’inizio di una grande carriera.

Dal pubblicare battute, passa a scrivere sketch per stand-up comedian, arriva al teatro come e si esibisce in famosi locali e in fine sbarca nel mondo del cinema.
Per chi conosce bene la sua filmografia sarà un piacere leggere i momenti in cui racconta i suoi film, come sono nati e come molti di essi sono legati alla sua vita privata. Allen si sofferma a spiegarci come avviene la lavorazione di un suo film; li realizza sempre in tempi brevissimi, rispettando il budget ricevuto e se una scena viene girata bene al primo colpo non si preoccupa di rifarla, e a fine giornata corre a casa a guardare una partita di baseball. Concluse le riprese e il montaggio, Woody si concentra subito su un altro lavoro.
Accompagnati dal ritmo della scrittura veloce e frizzante delle pagine osserviamo l’evoluzione di questo grande artista e regista, appassionato di Tennessee Williams e al suo libro Un tram che si chiama desiderio, assistiamo agli incontri con i suoi registi preferiti tra cui Hitchcock, Fellini, Bergman, i musicisti come Thelonious Monk o gli attori come Bob Hope e Groucho Marx e infine il libro è pieno di tanti aneddoti divertenti sulla sua vita e vi assicuro che fanno ridere.
Troviamo innumerevoli nomi di speaker radiofonici ,comici, attori, scrittori, registi americani ai quali spesso è difficile dare un volto dato che non fanno parte del nostro patrimonio culturale, ogni tanto una ricerca su wikipedia aiuta. Ma è uno scoglio che si supera facilmente.
Alle sue relazioni dedica diverse pagine, dal primo matrimonio si passa alla complicata storia con Louise, si arriva alla fantastica Diane Keaton, un vulcano di donna, la complessa storia con Mia Farrow , per concludere con la storia d’amore con l’attuale moglie Soon-Yi Previn.
“A proposito di niente” è stato scritto con grande onestà e modestia, anche se a volte ci sono delle contraddizioni che può notare solo chi conosce bene alcuni suoi film.
In compenso il famoso regista non si da arie da intellettuale, non si definisce un genio e scrive che i suoi film sono poca roba, sopratutto Manhattan, ancora oggi non si capacita di come abbia avuto successo questo grande film.
“Certo, porto un paio di occhiali con la montatura nera, e suppongo che siano loro a tenere viva questa leggenda, in combinazione con il talento di appropriarmi di citazioni di testi eruditi che vanno al di là della mia comprensione ma che possono essere usati nel mio lavoro per l’ingannevole impressione di essere più colto di quanto non sia.”
Nella seconda parte della sua autobiografia affronta lo spinoso argomento Mia Farrow. Cerca di spiegare al meglio lo svolgimento dei fatti, è una parte molto dolorosa della sua vita e dispiace leggere cosa ha dovuto vivere e subire. In quel periodo due erano le cose che davano la forza a Woody di andare avanti: il sapere di essere innocente e il suo amore per l’attuale moglie Soon-Yi, che ama moltissimo
Non entro in merito ai processi che ha subito e alla storia con Mia Farrow, ma dico solo che è una storia davvero folle, ovviamente nel libro si sofferma anche su i fatti accaduti di recente con l’avvento del me too, come ad esempio Hollywood e Amazon che hanno girato le spalle al regista.
Woody Allen ha avuto una grande carriera da regista, ha girato cinquanta film di cui alcuni sono dei capolavori, molti sono ben riusciti e altri meno, tanti hanno vinto importanti premi e hanno dato fama ad attori ed attrici. A tal proposito Woody Allen chiarisce anche il fatto che non ama le premiazioni o meglio non è affatto interessato a questo genere di cose, perché quando termina di girare un film per lui finisce lì, non gli interessa ricevere premi ne sapere cosa ne pensano i critici. Woody Allen gira film perché ama farli, perché è la sua grande passione e perché è la cosa che sa fare meglio nella vita, oltre a scrivere.
Chi ama Woody Allen e i suoi film apprezzerà molto la lettura della sua autobiografia e alla fine lo stimerà ancora di più sia come artista che come persona. Intanto Woody Allen continua a scrivere storie nel suo appartamento a Manhattan, chino sulla sua macchina da scrivere e i suoi quaderni gialli pieni di note, mentre noi speriamo di vedere presto il suo, forse stavolta sul serio, ultimo film.
Duccio.
Bellissimo post
Passa nel mio blog se ti va 😉
"Mi piace"Piace a 1 persona