Le Vie dei Canti di Bruce Chatwin

Ricordo ancora quella volta in cui un amico alzando gli occhi al cielo esclamò “Mi mancheranno i cieli dell’Australia”. Come si può spiegare il cielo australiano a chi non l’ha mai visto? Come si possono raccontare le sue albe, i colori intensi e le notti attraversate dalla luminosa via lattea? Forse devi essere un grande scrittore per farlo, o un bravo fotografo. Ma non basta leggere un libro o guardare delle foto, perché il cielo australiano è una grande esperienza, unica, ti lascia senza fiato e vi garantisco che poche cose mi hanno emozionato così tanto.

Anni fa ho lasciato un pezzo del mio cuore in quella terra lontana, luogo in cui ho imparato tanto, dove ho capito il significato di natura selvaggia e allo stesso tempo del vivere civile. L’Australia è una terra che ha il sapore di libertà e per tanti aspetti è così, è un tipo di libertà che qui in Italia non esiste e neanche questa è facile da spiegare se non la si vive. Ma l’Australia non è solo questo, è un continente complesso, pieno di contraddizioni, fatto di luci e ombre; i suoi primi veri abitanti, gli aborigeni, ne sanno qualcosa. 

Prima che gli europei colonizzassero il grande continente oceanico, l’Australia era abitata da circa duecentomila aborigeni, esistevano circa duecentocinquanta clan e oltre seicento dialetti diversi. Negli le popolazioni degli aborigeni in Australia si sono dimezzate del 90%, ma oggi si lavora molto per tener salda la loro storia e le loro tradizioni.

“Noi diamo ai nostri figli fucili e giochi elettronici. Loro gli hanno dato la terra.”

Capitava di girare in città e vedere dei negozi dov’era possibile acquistare dei quadri raffiguranti immagini quasi astratte.  I disegni erano realizzati con tanti puntini (Dot painting) e alcuni erano incredibili per la loro complessità. Domandai cosa fossero e mi venne spiegato che quei disegni erano i canti degli aborigeni. 

Leggendo con Giogia (@boook_tique su Instagram)  (avendo vissuto entrambi in Australia abbiamo voluto condividere questa lettura)  il saggio/romanzo “Le Vie dei Canti” di Bruce Chatwin , edito da Adelphi , antropologo e scrittore inglese, ho approfondito l’importanza dei canti per gli aborigeni. Il canto, dal quale tutto ha origine e da dove ogni cosa prende nome, era un modo per gli aborigeni di definire un territorio e i confini con altri clan, ed era anche uno dei mezzi per comunicare da un lato all’altro degli immensi territori australiani, ma soprattutto i canti erano il legame degli aborigeni con la terra e la natura. 

Il libro di Chatwin , pubblicato nel 1987, documenta il suo viaggio nel bush australiano alla scoperta del significato dei canti e si immerge nella vita dell’outback (i territori più estremi dell’Australia) dove la maggior parte degli aborigeni viveva in quegli anni e che spesso trovavano sfogo nell’alcool; racconta episodi di razzismo nei loro confronti da parte di gruppi locali, ma anche il lavoro di molti australiani intenti ad aiutarli nel lavoro e negli studi. Purtroppo il libro non ha un buon ritmo e spesso Chatwin divaga raccontando episodi che c’entrano ben poco con il resto, non vi nascondo che ho saltato diverse pagine. 

Credo che “Le Vie dei Canti” sia un libro interessante finché ci si sofferma alla storia degli aborigeni e potrebbe essere apprezzato da chi è curioso di conoscere un mondo diverso e lontano dal nostro. 

Duccio.

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