Un paio di settimane fa sono uscito da casa, ho indossato mascherina e guanti, ho fatto partire l’auto e sono sceso giù in città. Il punto di arrivo era l’ufficio postale. Quando sono arrivato non mi aspettavo certo di fare una fila di tre lunghissime ore, ho resisto anche se più volte sono stato tentato di andar via. L’attesa si è rivelata essere una strana esperienza, tutti distanziati rigorosamente, lontani più di un metro gli uni dagli altri, tutti indossavamo le mascherine e i guanti, tutti sul chi va la per paura di contagiarci, l’unica cosa rimasta uguale al passato erano le lamentele delle persone.
Alla fine ho recuperato il mio pacco, contenente, come di consueto, un libro, ed in fretta e furia sono tornato a casa.
Il libro arrivato, tra quei pochi per i quali avevo fatto in tempo ad acquistare poco prima che ogni tipo di spedizione venisse bloccata, era Febbre di Jonathan Bazzi, pubblicato nel 2019 da Fandango Libri e ora tra i finalisti del Premio Strega.

Non so se è una coincidenza , ma ho trovato molto significativo leggere Febbre proprio in questi giorni. Infatti il libro racconta di come un virus cambi la vita, in questo caso i virus è l’HIV e ha cambiato la vita di Jonathan Bazzi, e la lunga febbre sofferta dallo scrittore è stato il segnale di avviso che qualcosa non andava nel suo corpo.
Il libro segue due filoni temporali e narrativi diversi. Nel primo si alternano i ricordi dell’infanzia a casa dei nonni e della vitta a Rozzano, un quartiere alla periferia di Milano abitato da molti meridionali; i ricordi dell’adolescenza con la madre, che desidera ricrearsi una famiglia; del rapporto inesistente con il padre, che vive a Milano 3 e finge una vita di benessere; i numerosi cambi di scuola per paura di farsi scoprire balbuziente; la presa di coscienza di amare i maschi.
Questo è il mondo di Jonathan , costellato da numerose figure femminili, che lui ama e con le quali lui cresce, anche da grande i suoi punti di riferimento letterari sono soprattutto scrittrici, come Elsa Morante. Con gli uomini invece è diverso, li distingue in due tipi: i primi sono quelli che può amare, con in quali può avere una relazione o semplicemente gente con cui andare a letto. Gli altri sono quelli che Jonathan odia: i machi violenti, che mortificano le loro donne verbalmente, psicologicamente e a volte picchiandole, e con loro non è mai riuscito ad avere alcun tipo di rapporto.
Quindi da una parte ci sono le donne, con le quali gioca e condivide tante cose, gli uomini che desidera amare, quelli con cui esiste solo il sesso e poi dal lato opposto della strada i maschi, i capi famiglia, che urlano, gridano, picchiano sul muro, rompono oggetti, minacciano e terrorizzano gli altri per dettare la loro legge egoista e bestiale.
L’altro filone invece racconta della febbre, “che non andava più via”, e nel 2016 ha cambiato la sua vita. Jonathan non riesce a stare in piedi, seguire l’università diventa difficile e anche dare lezioni di yoga si trasforma un’impresa impossibile, il più piccolo gesto per Jonathan è uno sforzo immane, e ad aiutarlo ci sono il suo fidanzato Marius e la madre.
Jonathan fa tante ricerche su internet, si diagnostica malattie di qualunque tipo, alla fine decide di fare le analisi del sangue. Alcuni valori non vanno bene, così dopo un ultimo esame e scopre di avere l’HIV, finalmente da un senso a quella febbre che lo aveva costretto a star lontano dal lavoro, dall’università, dagli amici e dalla vita di tutti i giorni.
Quando ho saputo che Febbre parlava di HIV ho avuto paura di leggerlo, credo sia la stessa paura di cui parla Jonathan Bazzi nel suo libro, per questo ho aspettato tanto tempo prima di acquistarlo. Non mi sono interessato alla storia volutamente, finché non ho ascoltato diverse interviste fatte all’autore.

Leggendo ho scoperto una storia nuova, una nuovo modo di scrivere che immediatamente si è legato alla mia pelle, ho trovato un nuovo punto di vista sull’HIV, che mi ha riportato alla realtà di oggi. Dico questo perchè quando si tocca questa tematica si pensa sempre a quel che è stato, ma non ci soffermiamo mai a domandarci come viene vissuto oggi l’HIV e io per primo non me lo chiedevo. Jonathan Bazzi invece ha scritto un libro di cui si sentiva la necessità, e pubblicandolo ha aiutato tantissime persone ad affrontare la questione.
“Dica dottore, dica pure: io son pronto. Preferisco questo ad altro. L’HIV oggi si tiene sotto controllo, lo so, l’ho letto: star male e morire, un giorno, come tutti, si vedrà. […] Si nel momento in cui scopro di avere l’HIV io sono contento. Sollevato.”
Quando egli scopre di avere il virus non ha paura, non piange, non fa scenate di alcun tipo; quando scopre la causa della sua febbre , finalmente , da un nome al suo nemico, e sa che si può affrontare. La semplicità con cui egli accetta la sua malattia mi ha spiazzato, non so se avrei affrontato la cosa allo stesso modo, ma so che leggendo quelle pagine ha spazzato via dalla mia mente una paura. La paura nasce dal non sapere chi è il nemico, una volta conosciuto la mente lo controlla, lo conosce , la paura svanisce. Tutto diventa normalità anche la malattia e persino il morire.