Il silenzio assordante del Mediterraneo di Sergio Nazzaro

La necessità di scrivere Mediterraneo.

In occasione del Festival Volalibro, che si sta svolgendo in questi giorni a Noto, ho avuto il piacere di conoscere Sergio Nazzaro, una di quelle persone che non smetteresti mai di ascoltare.

Sergio Nazzaro

È un pomeriggio invernale, la città non è ancora invasa dai turisti e ci sediamo tranquillamente nello storico Caffè Sicilia di Noto, con Sergio non perdiamo molto tempo nella scelta del dolce e ordiniamo due buonissime cassatine.

Ci sediamo ad un tavolino in un angolo, non ci sono altri clienti. Sergio chiude l’ultima telefonata di lavoro, intanto che mangiamo le cassatine poggio il telefono sul tavolo, avvio la registrazione e iniziamo l’intervista.


D: Sergio ti va di raccontarmi com’è nata l’idea di scrivere Mediterraneo? Che cosa ti ha spinto a farlo?

S: La questione è molto semplice. Mi è venuta questa idea perché davanti a tutto quello che noi  abbiamo visto e vediamo ancora oggi, di quello che accade nel mediterraneo mi sono posto semplicemente una domanda: che cosa c’è sul fondo? Sia sul fondo di tutta questa grande, epocale immigrazione e sia sul fondo del mare. 

Dunque vedere continuamente  questi barconi rovesciarsi, persone che muoiono affogate, che suppongo  sia una delle morti più atroci, con il contrasto del mare che io amo e che dovrebbe essere un luogo bellissimo e invece diventa così amaro, terribile , crudele , mortale, mi ha spinto a realizzare questo libro.

Subito mi sono posto la domanda, come posso farlo? Qui è nata la difficoltà , per quanto io scriva, di poterlo raccontare.

Ma non volevo raccontarlo, volevo farlo vedere. E qui è arrivato in soccorso il fumetto e l’incredibile bravura di Luca Ferrara, straordinario illustratore, che ha compreso perfettamente ogni cosa che disideravo realizzare. Ha fatto sua la sceneggiatura, da me scritta, e l’ha tramutata in un graphic novel. Luca è stato fondamentale, mi ha aiutato a correggere tanti passaggi della storia, non solo di sintassi della graphic novel ma anche etici, e morali.  Abbiamo avuto un confronto serrato. Come dico sempre, questo è stato un lavoro di insieme.

I fumetti sono necessari.

D: Com’è stato approcciarsi  e lavorare a una graphic novel? È stato difficile per te avvicinarti a questo genere?

S: Conosco da tempo il modo del fumetto, attualmente sono il responsabile della DC Comics Italia, il fumetto è il mio primo grande amore oltre ai libri , lo conosco e lo frequento da sempre. Per molti è stata una novità,  ma per chi conosce il mio percorso ho avuto la fortuna e il piacere di lavorare con la Grifo Edizioni , di scrivere diverse introduzioni ai lavori di Pazienza, di Tamburini con Ranxerox, e ad altri grandi del fumetto italiano. Ancora oggi mi pregio di avere tantissimi amici che mi regalano moltissimi fumetti, che per me è una passione infinita. Purtroppo in Italia dobbiamo ancora discutere  e spiegare cosa sia una graphic novel, l’unica risposta che si può dare è che sono fumetti , e questi hanno la capacità di raccontare cose straordinarie e a volte può essere più complesso di un romanzo perché lo devi saper disegnare.

Recentemente ho letto Non Stancarti di andare, edito dalla Bao Publishing,  di Stefano Turconi e Teresa Radice i quali hanno firmato un capolavoro, un monumento del fumetto italiano, anche questo legato al tema della migrazione ed altri temi. 

Dico questo perché ogni volta che qualcuno scrive un libro parla del suo libro, invece quando qualcuno scrive un libro dovrebbe parlare dei libri degli altri. Turconi e Radice hanno creato un capolavoro, e un libro del genere meriterebbe un grande premio. In Italia continuiamo ad avere moltissimi grandi autori come loro due, Zerocalcare, Gipi e tanti altri.

Il silenzio

Un’altra parola che devo spendere è per la Croce Rossa Italiana  che ha fortemente voluto questo lavoro, e  poi devo ringraziare Luigi Politano della Round Robin,  che da una vita combatte per pubblicare graphic novel e libri d’inchiesta con coraggio strepitoso. 

Dunque Mediterraneo è stato un lavoro corale, sofferto, e d’insieme per tutte le persone che ci hanno lavorato. Credo semplicemente  che abbiamo provato a raccontare il nostro punto di vista, a dire come stanno le cose. Questo  è un libro silenzioso, senza parole per attraversare i confini. È un libro che può viaggiare al contrario, può migrare al contrario , lo puoi mettere su una barca o su un aereo e puoi regalarlo a chiunque non parli la tua lingua. E questa era la prima sfida.

Non è un libro conclusivo,  non abbiamo avuto la pretesa di spiegare cosa accadeva, ma abbiamo avuto la pretesa del silenzio, semplicemente perché il dolore è tanto e i morti sono troppi, e davanti a questo ci deve essere profondo silenzio e umiltà. Abbiamo  provato a fare un lavoro che esprima un ulteriore punto di vista, un angolo, quello del mediterraneo senza acqua.

Un libro da rileggere.

D: Le immagine del libro hanno una grande forza visiva, forse perché è un libro fatto di silenzi lo si apprezza e comprende meglio guardandolo più e più volte, per osservare i particolari e capirne meglio la storia.

S: Si come ha detto Luca Ferrara, questo è un libro che ha bisogno del lettore.

Mediterraneo è universale.

D: La protagonista della storia vive in una città che sembra essere isolata dal resto del mondo, cosa rappresenta questa città?

S: Rappresenta tutte le città  che sono in guerra, abbiamo specificato che è un’area mediterranea o vicino il Medio Oriente . Non l’abbiamo voluta collocare in un punto ben preciso, e il tempo della storia è il nostro. Per cercare di renderlo il più “universale” possibile. Questo voleva essere l’intento di fare questo viaggio.


Conclusa l’intervista e terminate le nostre cassatine, raccogliamo le nostre borse, Sergio indossa gli auricolari, che non toglie quasi mai, e usciamo nuovamente fuori al freddo per fumare una sigaretta.

Grazie Sergio.

Duccio.

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