
Quando ho iniziato a leggere L’animale che mi porto dentro (Einaudi, 2018), l’ultimo libro di Francesco Piccolo, non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Parlare dei maschi non è certo un’impresa semplice, e di certo non lo è neanche per i maschi. Ma sarò sincero, Piccolo mi ha stupito, ha raccontato con grande onestà l’universo maschile, prendendo se stesso come esempio, raccontando con serietà momenti difficili della sua vita e con tanta ironia episodi che fanno sorridere e riflettere.
Durante la lettura del libro è successo diverse volte che mi sono ritrovato a pensare su cosa volesse significare per me essere un maschio; ho meditato sul mio agire da maschio e da cosa deriva. Questo libro mi ha spinto ad ammettere che anche io ho dentro di me un’animale, che sapevo già di avere ma che ho ignorato fino a quel momento.
Cos’è l’animale di cui parla Francesco Piccolo? In poche parole è una delle essenze di cui è fatto e con la quale è costretto a misurarsi perché possa definirsi un uomo , avendo in se una duplice realtà; l’animalità è il forte desiderio sessuale, è la violenza che porta il maschio a compiere gesti insensati, è la rabbia che cresce dentro e vieni rinchiusa in un angolino della nostra coscienza finché non scoppia come una bomba ad orologeria.

L’animale è qualcosa di innato nel maschio, esso cresce nel tempo prendendo esempio dagli altri maschi. Piccolo usa come punti di riferimento i libri di Sandokan il maschio per eccellenza forte e crudele ,che può essere fermato solo dall’amore; i film erotici degli anni ’70, ma ancor prima ci sono il padre e gli zii.
“Usavano un tono di voce e un linguaggio diversi da quelli che avevano usato fino a poco prima alla villa; come se fossero un po’ trasformati rispetto a come li avevo conosciuti in tutta la vita fino a ora, tutti, perfino mio padre, i miei zii”
Il maschio, dice Piccolo, ha due mondi dentro di se: il primo è quello attraverso cui si relaziona con le altre persone, ama, scherza, prova dolore e lo fa civilmente; il secondo è il mondo dell’animale il cui pensiero principale è il sesso. Sono due mondi messi su un stesso piano che devono trovare necessariamente un equilibrio tra di loro.
“Riguarda la questione affrontata di continuo in questi anni, degli uomini che non saprebbero fare due cose contemporaneamente, come parlare e leggere un messaggio al cellulare. È vero che non sappiamo farlo, ma non perché non possiamo avere due pensieri paralleli; anzi il nostro cervello è già impegnato con due pensieri paralleli: chiacchierare e immaginare evoluzioni erotiche”.
Dunque il maschio ha una complessità tutta sua, che difficilmente mette in mostra. Con questo libro ci si allontana dallo stereotipo del maschio che può tutto. L’animale che mi porto dentro è come uno specchio che permette al lettore di rivedersi nelle parole del libro e lo incalza ad affrontare un confronto privato con il suo essere maschio.
Duccio.